Il cammino sinodale è un dono ed un compito: riflettendo e camminando insieme sul percorso compiuto la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando nel tempo delle consultazioni quali processi possono aiutarla a vivere la comunione, realizzare la partecipazione aprendosi alla missione. Ricercare come annunciare il Vangelo e gli obbiettivi per il cammino pastorale delle comunità richiede di mettersi in ascolto dello Spirito Santo, che “come vento soffia dove vuole, ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va” (Gv 3,8). Essere in sinodo non significa “parlamentizzare” la Chiesa, ma fare esperienza di Dio che parla alla vita di ogni uomo, fare memoria di come il Signore ha guidato il nostro cammino nella storia ed oggi ci chiama ad essere testimoni del suo amore. Sinodo non significa lanciare proiezioni sulla Chiesa, offrire contributi individuali in base a sensazioni o ideologie, ma essere popolo in ascolto della voce di Dio: ascoltare Lui per discernere il cammino. Ecco il tratto imprescindibile a cui siamo chiamati: lasciare entrare Gesù con più forza nelle comunità perché dall’esperienza dell’ascolto sappiamo ascoltarci, proporre, migliorare ed annunciare. Il vangelo di domenica scorsa (II di Quaresima) è esemplificativo.
La trasfigurazione di Gesù avviene sulla cima del monte Tabor dopo una salita compiuta dal maestro con i suoi apostoli: c’è comunione di vita, prossimità con Gesù, contemplazione del suo volto glorioso ed indicazione per il futuro: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo!” (Lc 9,35). Lo Spirito ci sostiene nell’ascolto della voce del Padre affinché fioriscano nuovi linguaggi della fede e nuovi percorsi in grado di interpretare il nostro tempo con l’annuncio del Vangelo.